Autore: Giulio D'Alfonso
La plastica che si ripara da sola.
Una plastica che in caso di rottura è in grado di autoripararsi con una modalità simile a quella della nostra pelle. Questo nuovo materiale è stato sviluppato dai ricercatori dell’Università dell’Illinoys e recentemente descritto in un articolo pubblicato sulla rivista Science.
L’idea della autoriparazione dei materiali non è nuova ma il prof. Scott White, alla guida del gruppo di ricerca, precisa che in questo caso l’approccio è stato molto differente rispetto al passato perchè “sebbene siano state dimostrate le capacità riparative dei materiali in caso di difetti microscopici, il ripristino del materiale perso in occasione di un grave danneggiamento richiede un approccio di tipo rigenerativo”.
White ed il suo gruppo hanno, di fatto, fatto evolvere un sistema già esistente per l’autoriparazione dei materiali, il cosidetto sistema a capsule. Ispirandosi alla struttura del nostro sistema circolatorio hanno sviluppato un materiale attraversato da una fitta rete di microscopici canali, una sorta di sistema vascolare, in cui scorrono degli agenti chimici.
In caso di danno i liquidi contenuti nei microcanali si riversano nello spazio creato dalla rottura e lo riparano. Le prove hanno dimostrato che in meno di 20 minuti si colma un danno di oltre 3 cm di diametro e che questa zona risulta completamente riparata entro le successive tre ore. Ma quanto è affidabile questo tipo di riparazione? Questo ovviamente dipende molto dal tipo di utilizzo che viene fatto di questa plastica ma i test dimostrano che la zona rigenerata recupera ben il 62% della robustezza e delle propietà meccaniche originali.
Questo tipo di approccio apre certamente molti scenari per lo sviluppo di nuovi materiali autoriparanti anche se su tutto questo rimane una grande incognita poichè la “capacità di resistenza a lungo termine di questi polimeri non è ancora stata approfonditamente esaminata”.
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